Ci vuole un’altra morte eccellente per tornare a parlare delle stragi di ciclisti per strada. Ma non solo i professionisti della bicicletta sono a rischio, la frequenza con cui accadono questi omicidi stradali è davvero troppo alta.

Non basta più l’indignazione, perché non porta ad un cambiamento. Il mito dell’automobile regna sovrano sulle strade, che sono ambiti pubblici dove transitano pedoni, ciclisti, animali e mezzi a motore.

A mio avviso sarebbe opportuno cambiare anche il modo di titolare le notizie: non è l’autopirata, il mezzo impazzito, la vettura che perde il controllo a provocare l’incidente, ma è il conducente il responsabile di comportamenti che tolgono la vita.

È necessaria una rivoluzione culturale: rispettare la democrazia dello spazio pubblico. La strada è di tutti.

Per cui quando siamo alla guida del nostro autoveicolo assicuriamoci di rispettare il diritto di chi viaggia in bici, di sorpassare tenendo una distanza di sicurezza tale da non sfiorare il malcapitato, di rallentare in prossimità di attraversamenti ciclopedonali. Ovviamente, se la velocità è contenuta, si riesce ad avere il tempo per eseguire qualsiasi manovra in sicurezza, anche se il mezzo in transito a fianco è meno voluminoso e visibile. Smettere di considerare la bicicletta in strada come un disturbo alla viabilità. Quante volte sento dire che i ciclisti sono indisciplinati, non si attrezzano di fanali, pedalano contro mano o su marciapiedi. Sì, è una verità, in molti si comportano così. Così come troppi automobilisti violano il codice della strada, per eccesso di velocità, per guida al telefono o in stato di ebbrezza, per parcheggi selvaggi anche su ciclabili e tanto altro. In generale andrebbero tutti sanzionati. Ma nel momento dell’impatto è l’utente debole che ci rimette, che lascia sull’asfalto una bici accartocciata ed una macchia di sangue.

Non è abbastanza per decidere di invertire la rotta? In questa rivoluzione culturale vanno, sicuramente, presi in considerazione il rispetto per l’altro, per le persone in generale. Il senso civico sembra aver lasciato il posto alla frenesia di arrivare prima o a dare importanza esclusivamente alle proprie esigenze personali.

Se sulle nostre scelte comportamentali siamo noi gli artefici, sulla sicurezza e sulle tutele delle persone sono convinta si debba fare di più a livello politico. L’Italia spende nell’automotive cento volte più che per la mobilità sostenibile. E se provassimo ad investire sulla sicurezza?

La notizia che nella Legge di Bilancio per il 2023 verranno azzerati i fondi per le ciclabili urbane mi rende ulteriormente preoccupata.

Su fuga ed omissione di soccorso evito ogni riflessione, il fatto parla da solo, supera ogni mia capacità di comprensione.

di Anna Pilastro

Cittadina/ Ciclista

Presidente di FIAB Vicenza Tuttinbici