Usare la bici sarà la norma

di Jaime D’Alessandro

Un piano complessivo per cambiare le strade in Italia e un miliardo e 154 milioni di euro per metterlo in pratica. Il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili guidato da Enrico Giovannini pubblica le linee guida per fare in modo che gli spostamenti in bicicletta diventino
la norma. Si chiama Piano generale della mobilità ciclistica ed è una visione di insieme da qui al 2024 su come e dove bisognerà impiegare i soldi già stanziati con i vari decreti a partire dal 2018 e quelli del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Prrr).

Nel documento si parla fra le altre cose di riduzione della velocità a 30 chilometri orari nei centri urbani per abbattere del 45 per cento le vittime causate dagli incidenti stradali; la realizzazione
di 565 chilometri di ciclabili nei capoluoghi di provincia e nelle città: dell’aumento delle ciclovie
turistiche con l’aggiunta di altri 1235 chilometri; di avere un quarto dei treni, autobus e vagoni della metropolitana con spazi per il trasporto delle bici; di dotare di parcheggi per biciclette, a volte coperti e custoditi, uffici pubblici, scuole e università, ospedali, stazioni ferroviarie, fermate della metropolitana con un adeguamento; di integrazione delle infrastrutture in modo che si abbia
una rete ciclabile organica che copra l’intero Paese.

Ministro Giovannini, tutto questo nel giro di poco tempo. Non le sembra troppo ambizioso?
«E giustamente ambizioso, dato che buona parte di queste attività sono già state finanziate. I 1154 milioni di euro sono la somma dei 754 milioni già introdotti dai vari provvedimenti con l’aggiunta di 400 milioni del Pnrr. Nel complesso 716 milioni sono destinati alle ciclovie turistiche e 438 per le aree urbane e metropolitane».

Come mai alla parte dedicata alle ciclovie turistiche va la fetta maggiore?
«Perché storicamente ha avuto pochissimi finanziamenti. Grazie alla collaborazione fra regioni, province e comuni, entro marzo 2023 si potranno indicare altre 7 ciclabili da inserire nella rete
nazionale Bicitalia che già ne comprende venti, arrivando a connettere perfino gli aeroporti».

Per la città c’è l’indicazione di introdurre il limite di 30 chilometri orari per ridurre gli incidenti mortali. Non sarà facile farlo digerire.
«Di nodi difficili da far digerire a chi è abituato alla vecchia idea di mobilità ce ne sono parecchi. Non si tratta solo di sostituire ad esempio i mezzi a benzina con quelli elettrici e un domani ad idrogeno, ma di cambiare il modo di spostarci. E questo ha a che fare anche con la qualità del trasporto pubblico, che e in alcune città deve fare molti passi in avanti. Il secondo elemento è l’intermodalità, ovvero poter andare dal punto A al punto B usando diversi mezzi veloci e
sostenibili, dalla metropolitana alla bicicletta elettrica, così da poter rinunciare all’uso della propria auto. Con i fondi del Parr stiamo sostenendo questa trasformazione attraverso un primo bando per realizzare il programma “Mobility as a service” che è stato vinto da Roma, Milano e Napoli, e un secondo andato a Torino, Firenze e Bari. Si stanno lanciando app attraverso le quali tutti i sistemi di trasporto sono integrati e si possono usare con biglietti unici».

Durante la pandemia tante cose che sembravano impossibili sono diventate possibili. Basti pensare al lavoro remoto. Non le sembra un’occasione da non perdere?
«È la visione sistemica che ci ha guidato nella definizione dell’allegato Infrastrutture, mobilità e logistica al Documento di Economia e Finanza, Def, di maggio. Gli investimenti in ferrovie, il rinnovo dei mezzi del trasporto pubblico, la mobilità ciclistica che stiamo discutendo in questa sede, il puntare al nuovo modello di mobilità locale sostenibile, vanno in questa direzione. Non è
un’occasione che stiamo perdendo».

Tornando alla mobilità ciclistica, quali sono i tempi di realizzazione?
«La parte da realizzare con i fondi del Pnrr deve essere completata al massimo entro il 2026, come tutto ciò che lo riguarda. Entro marzo bisogna aggiungere le eventuali integrazioni della rete Bicitalia. Nel Piano stesso, che dura tre anni, viene definito il processo di gestione con una regia unica, ma partecipata dagli enti territoriali. Anche questa è una strada innovativa».

da “La Repubblica”, 8 agosto 2022